mercoledì 30 marzo 2011

Calciomercato: La Genesi

Molti sostengono che il calciomercato sia nato negli anni '50, probabilmente come diretta conseguenza della guerra. Tutte le squadre in quel periodo infatti si trovavano irrimediabilmente a corto di uomini, e nascevano le prime trattative per riorganizzare le rose.
Una delle figure più importanti, oltre che più affascinanti e pittoresche, è quella del Principe Raimondo Lanza di Trabia, amante delle automobili veloci, delle belle donne e del Palermo. Il suo sogno infatti era quello di fare della società siciliana la diretta antagonista della fortissima Juventus e per arrivare a questo pare non badasse a spese. Un divertente aneddoto che lo riguarda a proposito della sua disponibilità economica narra che acquistò il centrocampista laziale Fuin solo per vederlo palleggiare nel suo giardino.
Epici erano gli incontri con gli altri Presidenti dell'epoca: i vari Agnelli, Dall'Ara, che riceveva spesso in bagno in vestaglia, e a volte addirittura nudo sul letto. Quando a lui si unirono due esperti intenditori di calcio come Paolo Mazza e il trevigiano Giuseppe Viani (soprannominato "Lo Sceriffo" per il suo fare autoritario), il calciomercato esplose definitivamente, i trasferimenti diventarono via via sempre più costosi e pubblicizzati, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Eppure i passaggi di giocatori ad altre squadre sono sempre avvenuti. I primi trasferimenti che fecero scalpore si possono datare 1912/1913, con il passaggio del doriano Emilio Santamaria al Genoa per 1500 lire (un prezzo spropositato per l'epoca), ma oltre che per il valore è ricordato come il primo "traditore" del nostro campionato. I tifosi della Doria, indispettiti dal passaggio in rossoblu, lo trattarono come un delinquente, venne infatti "squalificato a vita" dallo stadio e dalle partite doriane. Solo diversi anni dopo, quando i trasferimenti diventarono fatti comuni venne reintegrato.

In quegli anni di calcio pioneristico i trasferimenti avvenivano in due modi: con la gentilezza, o con lo "scippo aziendale".

Il primo dei due è una cosa assolutamente impensabile ai nostri giorni. Capitava sovente che un Presidente scrivesse una lettera a un altro, proprietario del giocatore in questione, per informarlo che avrebbe gradito averlo nella sua squadra. Molto spesso la risposta era positiva, si informava che poteva accontentare la richiesta e che in futuro venisse ricordato questo atto di gentilezza in caso di situazione a parti invertite. Un metodo sicuramente cavalleresco, ma decisamente impensabile nel calcio moderno.

Il secondo metodo invece era attuabile grazie allo stato di dilettantismo dei calciatori di qualunque categoria. Infatti i giocatori durante la settimana avevano un normalissimo impiego (chi faceva l'impiegato, chi il panettiere o il ragioniere), e la sera e la domenica si trovavano per giocare a pallone.
Un esempio è quello di Renzo De Vecchi
soprannominato "Figlio di Dio", terzino del Milan e fattorino in una banca milanese. Il Genoa voleva il giocatore a tutti i costi, e lo ottenne grazie ad un trasferimento aziendale. Il difensore continuava a fare il fattorino a Genova e intanto vinceva uno scudetto in rossoblu. Per la cronaca, la vittoria gli valse la promozione a fattorino di Direzione con conseguente aumento di stipendio.

Nel 1923 avvena un fatto che si può a tutti gli effetti considerare il primo passo dell'avvento del professionismo.
Il Presidente della Pro Vercelli scrisse una lettera a
Rosetta (un suo giocatore di ruolo attaccante) per concedergli lo svincolo gratuito. Appena la Juventus ne venne a conoscenza (da tempo infatti era interessata al giocatore) lo ingaggiò, gli offrirono un impiego presso la ditta Simone-Marsan con l'impiego da ragioniere a 1050 lire al mese. Il Presidente della Pro Vercelli e della federazione, l'avvocato Bozzinigli, diede il via libera al trasferimento. La juve in campo domina, sette vittorie nelle prime sette partite, e a quel punto si scatena il putiferio.
Il Genoa (che in questa storia non c'entra nulla, ma in quegli anni era sempre in mezzo a tutto) raccoglie deleghe da tutte le società per far invalidare il trasferimento di Rosetta. Alla fine riescono a vincere, alla Juventus vengono inflitti sei punti di penalità, l'intero consiglio federale si dimette e la Juve si ritira dal campionato.
L'anno successivo, per avere la certezza di evitare altri guai, il Presidente dei bianconeri versa la somma di 45.000 lire al Pro Vercelli, e Rosetta riceve un ingaggio di 6.000 lire al mese.

Sul finire degli anni '30 si ha l'avvento totale del professionismo, i calciatori giocano solo a calcio e guadagnano anche molto bene. Però il calcio non aveva fatto i conti con la politica. Con la nascita del fascismo le frontiere vennero chiuse agli stranieri e le squadre potevano tesserare solo giocatori italiani, con un conseguente abbassamento del livello tecnico.
Fu cosi che nacquero la "caccia all'oriundo", e i trasferimenti intercontinentali. Le società spulciavano i dati anagrafici di una miriade di giocatori per trovare parentele italiane. Arrivarono diversi campioni dal Brasile, dall'Argentina e dall'Uruguay, come arrivarono anche moltissimi bidoni. Su dieci brasiliani acquistati dalla Lazio in quel periodo solo uno, Guarisi, era un vero campione.
La juventus demolii il precedente record di 45.000 lire per Rosetta pagandone 100.000 per l'uruguayano Raimondo Orsi, che ricevette inoltre 5000 lire al mese e una Fiat 509.
Quel periodo vide nascere i mediatori (i progenitori dei procuratori) che si occupavano anche di trattare la nave con cui sarebbero arrivati i giocatori dal sudamerica in Italia.
Fu proprio in quel periodo che i soldi iniziarono a girare a livelli incontrollati nel calcio, in seguito negli anni ci sarebbero state delle normali flessioni economiche, ma sul finire del 1920 si è intrapresa la strada che porta ai giorni nostri. Quella di un calcio sempre più distante da una realtà socio-economica attuale.



Fonti: storiedicalcio.altervista.org

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